Certificazione della disabilità e diagnosi funzionale: come richiederle

Certificazione della disabilità (legge 104/92)

Nella legge 104/92 (articolo 3 comma 1) il concetto di handicap si riferisce al grado effettivo di partecipazione sociale della persona, facendo riferimento a difficoltà soggettive, oggettive, sociali e culturali. Si definisce infatti come persona con handicap colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione.
Diversamente dalla valutazione dell’invalidità civile, quella per individuare e definire l’handicap si basa quindi su criteri medico-sociali e non medico-legali o percentualistici.
La legge 104 prevede inoltre un’ulteriore condizione, definita handicap in situazione di gravità (articolo 3 comma 3). Tale stato, secondo la normativa, si verifica qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale.
Non c’è alcun automatismo e correlazione tra il 100% di percentuale di invalidità e la certificazione di handicap grave.
Così come, infine, una persona con una percentuale di invalidità inferiore al 100% potrebbe vedersi riconosciuta la situazione di handicap grave.
La certificazione di disabilità è il presupposto per l’attribuzione all’alunno con disabilità delle misure di sostegno e di integrazione. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – 23/02/2006 n.185, Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell’articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, all’art. 1 individua per la certificazione dell’alunno con disabilità un organismo collegiale appartenente al Servizio Sanitario Nazionale. Da sottolineare, inoltre, l’art. 2 del DPCM in questione, ove si prescrive che le diagnosi funzionali siano realizzate secondo le classificazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, tra l’altro, devono indicare l’eventuale particolare gravità della patologia.

LA DIAGNOSI FUNZIONALE

Per diagnosi funzionale si intende la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psico-fisico dell’alunno in situazione di handicap (D.P.R. 24/02/1994).
È’ quindi un documento che delinea le modalità di funzionamento delle abilità del soggetto sottoposto ad esame e che sintetizza queste informazioni all’interno di un “quadro” psicologico-funzionale che consenta di comprendere l’ambito della patologia riscontrata al momento della valutazione.
La D.F. diventa così uno strumento conoscitivo che, partendo dalla menomazione e dai suoi effetti sul soggetto, mira ad individuare:
-l’insieme delle disabilità e delle difficoltà, determinate dalla menomazione o indotte da modelli ed atteggiamenti culturali e sociali;
-il quadro delle capacità (con riferimento a recuperabilità, residui funzionali, settori vicarianti…);
-una prospettiva di tipo evolutivo che metta in evidenza le potenzialità di sviluppo per ciascun soggetto, previsione estremamente significativa per il successivo intervento educativo.

Cosa contiene

La D.F. è strutturata per AREE, per consentire di rilevare in termini analitici il rapporto tra la minorazione e i seguenti aspetti del comportamento complessivo del soggetto:
1. cognitivo, esaminato nelle componenti: livello di sviluppo raggiunto e capacità di integrazione delle competenze;
2. affettivo-relazionale, esaminato nelle componenti: livello di autostima e rapporto con gli altri;
3. linguistico, esaminato nelle componenti: comprensione, produzione e linguaggi alternativi;
4. sensoriale, esaminato nelle componenti: tipo e grado di deficit con particolare riguardo alla vista, all’udito e al tatto;
5. motorio-prassico, esaminato nelle componenti: motricità globale e motricità fine;
6. neuro-psicologico, esaminato nelle componenti: memoria, attenzione e organizzazione spazio-temporale;
7. autonomia personale e sociale.

Chi la redige

Alla D.F. provvede l’unità multidisciplinare composta dal medico specialista nella patologia segnalata, dallo specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso l’A.S.L. o in regime di convenzione con la medesima.

Quando formularla

La D.F. è formulata al momento in cui il soggetto in situazione di handicap accede alla struttura sanitaria per conseguire gli interventi previsti dagli articoli 12 e 13 della Legge 104/92. Essa verrà presentata, all’inizio dell’anno scolastico, in sede di incontro interprofessionale, promosso dal Capo di Istituto che lo presiede, direttamente o tramite un proprio delegato. All’incontro partecipano tutti gli operatori coinvolti nel progetto di inclusione: insegnanti di classe e di sostegno, insegnante psicopedagogista, operatori dell’equipe, genitori dell’alunno in situazione di handicap. (C.M.258/83).

A cosa serve

La D.F. serve a stabilire quali processi di apprendimento e/o adattamento vengono utilizzati da persone con problemi cognitivi e/o relazionali, quali strategie sono presenti, le abilità residue e/o compromesse, le potenzialità ed i livelli di sviluppo.
Oltre a questa finalità descrittiva e analitica degli aspetti evidenti delle difficoltà, essa dovrebbe elaborare una interpretazione delle cause che le hanno determinate ed eventualmente ne sono tuttora responsabili.
L’aspetto analitico e descrittivo dovrebbe dunque essere compresente e integrato in uno sforzo interpretativo ed eziologico utile per la stesura di una programmazione didattico-educativa che compete alla Scuola.

Uso della diagnosi funzionale

Il documento, vincolato dalla normativa vigente in materia di segreto professionale per gli operatori e di consenso informato per gli utenti, si pone come obiettivo fondamentale la conoscenza più estesa ed approfondita possibile dell’alunno in difficoltà da parte dei Servizi Territoriali. Questa conoscenza deve però essere “funzionale” in senso estensivo, e cioè utile alla realizzazione concreta e quotidiana di attività didattiche ed educative appropriate, significative ed efficaci.
In sintesi, la D.F. dovrebbe fornire, utilizzando un linguaggio condiviso dalle diverse figure professionali, un quadro clinico in grado di orientare eventuali decisioni riabilitative e/o terapeutiche ed educative-didattiche.