Novità dalla ricerca: la dieta chetogenica
Uno studio condotto sui topi ha dimostrato l’efficacia di una dieta povera di carboidrati in alcune forme ereditarie di disabilità intellettiva, inclusa la Sindrome Kabuki.
Testo a cura dei Dott.ri Dario Cocciadiferro e Giuseppe Merla, ricercatori presso l’Unità di Genetica Medica dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo.
Uno studio di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti d’America, condotto su topi con mutazione a carico del gene MLL2/KMT2D e pubblicato lo scorso Dicembre sulla prestigiosa rivista scientifica PNAS, organo di stampa dell’Accademia Americana delle Scienze, ha dimostrato che una dieta povera di carboidrati può migliorare le funzioni cognitive e mentali dei soggetti affetti da Sindrome Kabuki. Oltre a fornire un potenziale trattamento per i pazienti con sindrome Kabuki, lo studio, diretto dal Professore Hans Bjornsson, dell’Istituto McKusick-Nathans di Medicina Genetica della Johns Hopkins University, suggerisce nuove possibilità terapeutiche per l’intero gruppo di malattie genetiche conosciute come “disturbi mendeliani del macchinario epigenetico o cromatinopatie“, come appunto la Sindrome Kabuki.
In queste malattie una mutazione genica causa errori che alterano la struttura e funzione del DNA o di proteine ad esso associate, chiamate istoni. Gli istoni sono proteine specializzate che sono avvolte dal DNA affinché quest’ultimo possa mantenere organizzata la propria struttura; il DNA avvolto insieme alle proteine istoniche è conosciuto con il nome di cromatina. Affinché la cellula possa utilizzare correttamente il DNA per la formazione di nuove proteine, la cromatina deve essere temporaneamente rilassata. E’ ormai noto che le mutazioni che causano la Sindrome Kabuki determinano uno squilibrio tra gli stati di compattamento e rilassamento della cromatina. Pertanto, riuscire a correggere questo squilibrio potrebbe alleviare alcuni sintomi di disabilità intellettiva legati a tale condizione.
La dieta chetogenica nella Sindrome Kabuki
Nel caso della Sindrome Kabuki, i ricercatori statunitensi hanno scoperto che nel modello di topo, la mutazione genica di MLL2/KMT2D causa una diminuzione persistente ma “trattabile”, della crescita cellulare di una regione del cervello adibita alla formazione della memoria. Partendo dalla conoscenza che il composto naturale beta-idrossibutirrato (BHB) è in grado di rilassare la cromatina, gli scienziati della Johns Hopkins hanno testato gli effetti di una dieta chetogenica, cioè a basso contenuto di carboidrati – che induce il corpo a produrre naturalmente alti livelli di BHB – utilizzando topi deficitari di MLL2/KMT2D trattati sia con dieta chetogenica che con BHB e confrontandoli con topi alimentati con una dieta normale.
Paragonati ai topi non trattati, sia i topi sottoposti a dieta chetogenica che quelli trattati con BHB hanno prodotto nuove cellule cerebrali della zona chiamata ‘granuli del giro dentato’, una zona associata alla capacità di apprendimento e formazione di nuovi ricordi. Lo stesso incoraggiante risultato si è avuto anche in altri tipi di test cognitivi, provando l’efficacia e possibile applicabilità a scopi terapeutici di questo regime dietetico.
I medici considerano generalmente irreversibile la disabilità intellettiva tipica di disturbi come la Sindrome Kabuki. “Ora sappiamo che le nuove cellule cerebrali continuano a formarsi per tutta la vita. Se la sindrome Kabuki e disturbi correlati causano una ridotta produzione di neuroni in età adulta, stimolare la crescita neuronale può essere una strategia efficace per il trattamento di disabilità intellettive” afferma il Prof. Bjornsson.
Tuttavia, gli integratori dietetici e BHB non sono ancora stati testati su persone affette da sindrome Kabuki, pertanto questi studi devono essere considerati come assolutamente molto preliminari e quindi bisogna essere molto cauti sulla loro reale efficacia in terapia. Bjornsson, inoltre, specifica che una dieta chetogenica, che è simile ma ancora più rigida della dieta commerciale Atkins dei primi anni 2000, è difficile da mantenere per la maggior parte delle persone. Inoltre, è importante evidenziare che anche se gli integratori alimentari dovessero funzionare, agirebbero solo sull’apprendimento e la memoria di alcuni pazienti, ma non curare la malattia.
In questo periodo il Prof. Bjornsson sta lavorando per ideare test efficaci per misurare le funzioni cognitive e i potenziali cambiamenti nel cervello dei pazienti con sindrome Kabuki con l’obiettivo di iniziare un trial clinico nei prossimi anni.
Prossimi aggiornamenti
Per saperne di più su questo gruppo di malattie vi segnaliamo il prossimo evento/corso SIGU (Società Italiana Genetica Umana) che si terrà a BARI, 8-9 Maggio 2017, interamente dedicato alle Cromatinopatie. Il Corso, organizzato e coordinato dal Dott. Merla, ha come scopo principale quello di fare il punto dello stato dell’arte su queste malattie, gli aspetti clinici, lo stato della ricerca e delle possibili terapie, inclusa la Sindrome Kabuki.
Questo articolo è una traduzione di quello comparso sulla rivista PNAS del dicembre 2017. Trovate la versione originale in inglese qui.